Cioran. Il nichilista della porta accanto

A me piacciono gli scritti depressi in senso ampio e lato. Consapevoli e depressi. Qualcuno avrebbe mai scritto qualcosa di memorabile se fosse stato felice? Credo di no. La letteratura si nutre di infelicità.

Per questo amo Emil Cioran. Nichilista, pessimista, misantropo e ironico tanto quanto tutto il resto. Filosofo e aforista. Miscela celestiale e paradossale, non chiedo di più.

Vorrei che fosse il mio vicino di casa, quello con cui prendi il tè tutti i pomeriggi (era per dire, non prendo il tè coi miei vicini di casa. E non prendo il tè, in effetti.)

Leggendo il saggio Al culmine della disperazione rimasi positivamente scioccata, e tranquillizzata, dalla frase:

Il fatto che io esista prova che il mondo non ha alcun senso.

Tutti pensiamo a questo, no? No?? 😉

Ma oggi copio degli aforismi da un’altra opera: la raccolta Sillogismi dell’amarezza. È un libretto che porterei sempre con me: mi contraddice, mi conforta e mi diverte. Strano miracolo.

La provo spesso l’amarezza, tutta dentro le budella dello spirito. Come se l’anima avesse vomitato e non riuscisse più a riprendersi da quella brutta sensazione di lucida impotenza. Vado:

La storia delle idee è la storia del rancore dei solitari.

Il pessimista deve inventarsi ogni giorno nuove ragioni di esistere: è una vittima del “senso” della vita.

Nei tormenti dell’intelletto c’è una dignità che si cercherebbe invano in quelli del cuore. Lo scetticismo è l’eleganza dell’ansia.

Se crediamo con tanta ingenuità nelle idee è perché dimentichiamo che sono state concepite da mammiferi.

Per quanto si estende il mio ricordo, non ho fatto altro che distruggere in me la fierezza di essere uomo. E deambulo alla periferia della Specie come un mostro timoroso, senza la levatura sufficiente per proclamare la mia appartenenza a un altro branco di scimmie.

Mi sono immerso nell’assoluto da fatuo, ne sono uscito da troglodita.

Obiezione contro la scienza: questo mondo non merita di essere conosciuto.

Il Reale mi dà l’asma.

Il pallore ci mostra fino a che punto il corpo può capire l’anima.

“Sono come una marionetta rotta, con gli occhi caduti al di dentro”. Questa frase di un malato mentale conta più dell’insieme delle opere di introspezione.

In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare.

Sono me stesso soltanto quando sono al di sopra o al di sotto di me, nella rabbia o nell’abbattimento; al mio livello abituale ignoro di esistere.

I nostri disgusti? Deviazioni del disgusto di noi stessi.

Quando colgo in me un moto di ribellione prendo un sonnifero o consulto uno psichiatra. Qualunque mezzo è buono per chi persegue l’Indifferenza senza esservi predisposto.

Ho quotidianamente conversazioni intime con il mio scheletro – e questo la mia carne non me lo perdonerà mai.

Se solo una volta fosti triste senza motivo, lo sei stato tutta la vita senza saperlo.

Vago attraverso i giorni come una puttana in un mondo senza marciapiedi.

Noi ci trinceriamo dietro il nostro volto; il pazzo con il suo si tradisce. Egli si offre, si denuncia agli altri. Persa la maschera, rende pubblica la sua angoscia, la impone al primo venuto, propala i suoi enigmi. Tanta indiscrezione irrita. È normale che lo si leghi e lo si isoli.

Vivo solo perché è in mio potere morire quando meglio mi sembrerà: senza l’idea del suicidio mi sarei ucciso subito.

Tutti i nostri rancori derivano dal fatto che, rimasti al disotto di noi stessi, non siamo stati in grado di raggiungere la nostra meta. Questo non lo perdoneremo mai agli altri.

Alla deriva del Vago, mi aggrappo al minimo dispiacere come a una tavola di salvezza.

Senza Dio tutto è nulla. E Dio? Nulla supremo.

Il desiderio di morire fu il mio solo e unico pensiero; ad esso ho sacrificato tutto, anche la morte.

Nel pessimista si accordano una bontà inefficace e una cattiveria inappagata.

Ho tolto di mezzo Dio per bisogno di raccoglimento, mi sono sbarazzato di un ultimo seccatore.

… Non avessi avuto l’impertinenza di credermi l’essere più infelice della terra, sarei crollato da non so quanto tempo.

Nel bel mezzo di studi più che seri, scoprii che un giorno sarei morto: la mia modestia ne fu scossa. Convinto che non mi restasse più niente da imparare, abbandonai gli studi per mettere il mondo al corrente di una così notevole scoperta.

Non chiedetemi più il mio programma; respirare, non ne è già uno?

Non sarebbe un vicino di casa adorabile?

l’illustrazione in apertura è di sceptikart.


Riferimenti

E. M. Cioran, Sillogismi dell’amarezza, traduzione di Cristina Rognoni, Adelphi