La depre kafkiana

Gregorio Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo.

La Metamorfosi, 1916

Ho scelto di aprire un blog che si chiama letteralmente felice nell’anniversario della morte di Kafka, uno degli autori più depressi della storia. Il che, dal punto di vista letterario, è, volendo, anche coerente.

Ah Franz, Franz!

Tu avessi saputo quante generazioni di letteralmente malinconici e oppressi avresti gettato nel delirio con i tuoi scritti meravigliosamente angoscianti!

Tu avessi saputo quante volte l’incipit della Metamorfosi sarebbe stato citato come uno dei più perfetti della storia della letteratura, quanti impiegati si sarebbero sentiti Gregor Samsa nel letto la mattina prima di andare in ufficio!

Ah, Franz.

Tu, tu che hai chiesto al tuo amico Max Brod di distruggere tutti i tuoi lavori dopo la tua morte, perché giudicati da te indegni, tu, pazzo! Avessi saputo quanti studenti di letteratura si sarebbero consumati gli occhi sulle tue pagine cariche di sensi di colpa e di disfatta, di irrinunciabile assurdità! Quanti aspiranti scrittori avrebbero voluto concepire anche solo uno dei tuoi paragrafi compiti e doloranti, schiacciati dal perenne giudizio paterno! Quante fanciulle bruttine, colte e spigolose sarebbero volute essere la tua Felice (ironia!),  la tua Julie o Milena, ma soprattutto la tua Dora Diamant! Quante, quante avrebbero desiderato essere NON amate sino in fondo da te…

Oh Franz, mi spiace che tu sia stato un inetto della felicità per tutta la tua breve vita, ma grazie di farci ancora sentire ad ogni riga più letteralmente depressi che mai.

La foto di apertura  è di David Fenton, 1968.