Io sono in ritardo, o in anticipo, troppo spesso in anticipo e mi dimentico le date. Di tutto. Meno quella del mio compleanno che invece vorrei dimenticare. Per me il tempo non esiste e quando esiste è tiranno. In verità sono io la tiranna di me stessa, ma lasciamo stare perché così divago e mi perdo.
In questo blog prendo spesso spunto dalle date e dalle ricorrenze per scrivere, ma capita che arrivi lunga. Come oggi. O meglio, come ieri. Ieri sarei arrivata giusta ma non c’ero, oggi arrivo lunga, quando mi era venuta voglia di scrivere questo post ero arrivata corta. Ma insomma.
Ieri, 25 agosto era una data memorabile, oggi invece no, quindi recupero: nel 1900 moriva Nietzsche e chiudeva simbolicamente il secolo e nel 1880 nasceva Apollinaire. Oh, ci sono arrivata. Parto con Apollinaire e un suo famoso calligramma.
Per chi non lo sapesse i calligrammi sono delle poesie visuali, il termine è la fusione di calligrafia e ideogramma: il testo della lirica forma un disegno che ha a che fare col significato espresso, anche per contrapposizione. Più facile da vedere-leggere che da spiegare:
Piove
Piovono voci di donne come se fossero morte anche nel ricordo
siete anche voi che piovete meravigliosi incontri della mia vita o goccioline
e quelle nuvole impennate si mettono a nitrire tutto un universo di città auricolari
ascolta se piove mentre il rimpianto e lo sdegno piangono un vecchio motivo
ascolta cadere i legami che ti trattengono in alto e in basso
Bellezza al quadrato. Da sentire e da guardare.
Non li ha inventati Apollinaire i calligrammi, anzi, sono una forma piuttosto arcaica e intuitiva di poesia, ma lui ha saputo usarli, al momento giusto, come nessun altro e il suo libro che li raccoglie è strabiliante e di completa rottura con tutto ciò che era stato pubblicato prima d’allora in Francia.
Di Nietzsche scelgo dei versi dai Ditirambi di Dioniso. Per chi non lo sapesse i ditirambi sono delle liriche di origine greca, dedicate al dio Dioniso, cantante in coro, sotto l’ispirazione del vino. Estrapolo la parte finale di:
Soltanto pazzo, soltanto poeta
Nell’aria rischiarata,
quando già la falce della luna
verde tra rossi di porpora
e invidiosa si insinua,
-avversa al giorno,
ad ogni passo segretamente
falciando amache di rose,
fino a quando esse cadono,
pallide cadono verso la notte:
così io stesso caddi, una volta,
dalla mia follia di verità
dalle mie bramosie del giorno,
stanco del giorno, sofferente per la luce,
-caddi in giù, verso la sera, verso l’ombra,
bruciato da una sola
verità e assetato
-ricordi ancora, ricordi, cuore ardente,
com’eri assetato allora?-
‘che io sia bandito
da ogni verità!’
‘Soltanto’ pazzo! ‘Soltanto’ poeta!…
Bellezza da impazzire.
In apertura l’Autoritratto di Carlo Govoni.
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