Complicato. Complicatissimo. Ezra Pound

Cosa c’è di vero nell’immaginario che imprigiona il nome di Pound?

Sarò breve e superficiale, ma farò ciò che posso coi mezzi che posso usare.

Ezra Pound (30 ottobre 1885 – 1 novembre 1972) visse tanti anni della sua vita in Italia, dove appoggiò in maniera molto convinta il regime fascista. Ammirava Mussolini e la sua politica economica e sociale, soprattutto rispetto alle tematiche del lavoro e delle opere pubbliche.

Pound infatti, oltre ad essere un poeta e un traduttore (e di che rango manco ce lo immaginiamo), fu un saggista dedito allo studio dell’economia, della finanza e della politica, in maniera per nulla secondaria rispetto alla letteratura.

Prese sì le distanze dal Nazismo, e non considerava Hitler un leader al pari di Mussolini, ma è pur vero che giustificò il collaborazionismo di quest’ultimo con la Germania nazionalsocialista.

Vero è anche che appoggiò la propaganda antiebraica: partendo da un punto di vista finanziario, vedeva gli ebrei come banchieri dediti all’usura, che per Pound rappresentava il male assoluto responsabile della rovina della società. “Non sono un antisemita. Non confondo l’usuraio ebreo e l’ebreo che si guadagna onestamente da vivere di giorno in giorno” dichiarò in seguito, volendo specificare la sua posizione.

Accusato di tradimento e collaborazionismo, nel ’45 fu arrestato dai partigiani e consegnato agli americani suoi connazionali che lo rinchiusero in un campo di prigionia in Toscana, in attesa del trasferimento negli USA per il processo.

Il processo non avvenne mai: fu dichiarato schizofrenico e internato in un ospedale criminale, dove restò per ben dodici anni, al termine dei quali tornò in Italia.

Ok. Pound era fascista, non ci sono dubbi. Era anche antisemita, nonostante abbia poi “ammorbidito” le sue posizioni rispetto a questo tema. Ma non è solo questo. Anzi, è moltissimo di più che poco si conosce (me compresissima, e ammetto di avere avuto grossi pregiudizi prima di avvicinarlo con la voglia di capire).

Ci vorrà un altro post per parlare della sua opera più complessa e controversa, I Cantos, di come utilizzasse varie lingue mischiate fra di loro, di quanti artisti e scrittori suoi amici si siano mobilitati per riscattare la sua vita e riabilitare la sua memoria.

Ne cito uno, emblematico, Pasolini:

Pound non è potuto divenire mai, esplicitamente, appannaggio delle Destre: la sua altissima cultura […] l’ha preservato da una strumentalizzazione sfacciata: il serpentaccio fascista non ha potuto ingoiare questo spropositato agnello pasquale.

Il suo talento era immenso, Hemingway di lui disse:

Io gl’insegnai a tirare di pugilato e Pound a me ciò che si doveva e non si doveva scrivere.

Potrei andare avanti e avanti, ma mi fermo: Pound non è Casa Pound.

Pound va oltre, si arrischia in profondità inaudite. Pound non può essere ridotto a mera strumentalizzazione di destra. È complicato, no, complicatissimo, Pound è l’indicibile. È, in parte, ciò che copio sotto.

Dal Canto LXXXI

Quello che veramente ami rimane, il resto è scorie
Quello che veramente ami non ti sarà strappato
Quello che veramente ami è la tua vera eredità
Il mondo a chi appartiene, a me, a loro, o a nessuno?
Prima venne il visibile, quindi il palpabile Elisio, sebbene fosse nelle dimore d’inferno,
Quello che veramente ami è la tua vera eredità

La formica è un centauro nel suo mondo di draghi.
Strappa da te la vanità, non fu l’uomo
A creare il coraggio, o l’ordine, o la grazia, Strappa da te la vanità, ti dico strappala.
Impara dal mondo verde quale sia il tuo luogo
Nella misura dell’invenzione, o nella vera abilità dell’artefice,
Strappa da te la vanità, Paquin strappala!
Il casco verde ha vinto la tua eleganza.

«Dòminati, e gli altri ti sopporteranno» Strappa da te la vanità
Sei un cane bastonato sotto la grandine
Una pica rigonfia in uno spasimo di sole,
Metà nero metà bianco
Né distingui un’ala da una coda
Strappa da te la vanità Come son meschini i tuoi rancori
Nutriti di falsità, Strappa da te la vanità,
Avido di distruggere, avaro di carità,
Strappa da te la vanità, Ti dico, strappala.

Ma avere fatto in luogo di non avere fatto questa non è vanità

Avere, con discrezione, bussato
Perché un Blunt aprisse Aver raccolto dal vento una tradizione viva
o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata
Questa non è vanità. Qui l’errore è in ciò che non si è fatto,
nella diffidenza che fece esitare.

Le foto sono di Richard Avedon.