Provaci ancora, Dorian Gray

Spesso le cose che amo sono quelle che riesco ad odiare di più.

Il ritratto di Dorian Gray di Wilde è un romanzo che ho letto più di due volte, mi manda in estasi e mi disgusta contemporaneamente. Lo ammiro e lo disprezzo, non so bene in quale misura provo l’uno e l’altro sentimento. È un mix salvifico e letale, funziona in entrambi i sensi. È un capolavoro satanico.

Lasciando stare i riferimenti (in primis Faust!) e le interpretazioni letterarie sulla vita e l’arte che Dorian Gray si porta dietro (questo romanzetto sarebbe anche il concentrato della filosofia art for art’s sake nonché manifesto dell’Estetismo…), quest’opera è diventata mitologica perché ha la trama perfetta scritta con il linguaggio che rispecchia esattamente quel tipo di perfezione.

Trama perfetta*: avvincente, torbida, circolare, stuzzica invidia e raccapriccio, artificiosa, simbolica, raffinata, malefica.

Linguaggio perfetto: elegante, cinico, fitto fitto di aforismi e paradossi a-morali, presuntuoso, ricercato, dannato.

Il punto vero è che il male e il bene coesistono, e spesso hanno la stessa faccia, la nostra stessa faccia. L’inferno e il paradiso siamo noi, ecco perché è un’opera mitologica che tocca un nervo scoperto.

Un romanzo così non poteva che avere una prefazione spiazzante: una serie di aforismi sull’arte, la vita e la morale (mi contraddico! Volevo lasciar perdere, ma è impossibile, in fondo siamo nel regno del paradosso), che Oscar Wilde scrisse successivamente, in risposta a quanti avevano criticato il suo romanzo.

L’artista è il creatore di cose belle.

Rivelare l’arte e nascondere l’artista è il fine dell’arte.

Il critico è colui che può tradurre in diversa forma o in nuova sostanza la sua impressione delle cose belle.

Tanto le più elevate quanto le più infime forme di critica sono una sorta di autobiografia.

Coloro che scorgono brutti significati nelle cose belle sono corrotti senza essere affascinanti. Questo è un errore.

Coloro che scorgono bei significati nelle cose belle sono le persone colte. Per loro c’è speranza.

Essi sono gli eletti: per loro le cose belle significano solo bellezza.

Non esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto.

L’avversione del diciannovesimo secolo per il realismo è la rabbia di Calibano che vede il proprio volto riflesso nello specchio.

L’avversione del diciannovesimo secolo per il romanticismo è la rabbia di Calibano che non vede il proprio volto riflesso nello specchio.

La vita morale dell’uomo è parte della materia dell’artista, ma la moralità dell’arte consiste nell’uso perfetto di un mezzo imperfetto. L’artista non desidera dimostrare nulla. Persino le cose vere possono essere dimostrate.

Nessun artista ha intenti morali. In un artista un intento morale è un imperdonabile manierismo stilistico.

Nessun artista è mai morboso. L’artista può esprimere qualsiasi cosa.

Il pensiero e il linguaggio sono per un artista strumenti di un’arte.

Il vizio e la virtù sono per un artista materiali di un’arte.

Dal punto di vista formale il modello di tutte le arti è l’arte del musicista. Dal punto di vista del sentimento il modello è l’arte dell’attore.

Ogni arte è insieme superficie e simbolo.

Coloro che scendono sotto la superficie lo fanno a loro rischio.

L’arte rispecchia lo spettatore, non la vita.

La diversità di opinioni intorno a un’opera d’arte dimostra che l’opera è nuova, complessa e vitale.

Possiamo perdonare a un uomo l’aver fatto una cosa utile se non l’ammira. L’unica scusa per aver fatto una cosa inutile è di ammirarla intensamente.

Tutta l’arte è completamente inutile.

E comunque buon compleanno (16 ottobre 1854), Mr Wilde, qualunque sia la tua vera età, tu, davvero, non invecchierai mai.

*Un giovane ricco fa una sorta di patto col diavolo. Lui rimarrà sempre giovane (un filo attuale come spunto) e sarà un quadro ad invecchiare al posto suo. Potrà trascinare la sua vita all’inferno, cosa che fa, macchiandosi di colpe immonde e dandosi all’edonismo più sfrenato, tanto avrà sempre una faccina da putto innocente. Ma non trionfa: Gray stesso pugnala il ritratto che mostra le nefandezze della vecchiaia e della sua condotta. Così Dorian muore, irriconoscibile con la faccia da vecchio, e il quadro ritrova la bellezza della sua gioventù.