-“Silvia, questo pezzo che stai per copiare dovrebbe essere spiegato, dovresti dare un contesto”.
– “No”.
– “Nessuno capirà niente”.
– “Sottovaluti. Sempre questa smania di spiegare prima di leggere, chi non capisce non capirà né prima né dopo. A teatro, quando va in scena Hamletmaschine e entra Ofelia, mica qualcuno lo spiega.”
– “Esageri e manipoli, Silvia, e lo sai”.
– “Sottovaluti, sottovaluti il testo e lo spazio del lettore/spettatore“.
– “Almeno spiegare perché Maschine, perchè La macchina Amleto e non il semplice Umano Amleto!”
– “Non voglio pre-digerire il pasto a nessuno. Heiner Müller mi capirebbe”.
– “Seee, Silvia, in ogni caso non stai parlando a chi va a teatro a vedere Müller”.
– “Meglio, mi piace non essere capita, penso che i testi vadano letti prima di tutto, mica stiamo a scuola”.
– “Sei intransigente”.
– “Mi piace anche quello. E mi piacciono le parole che sto copiando, mi piace questa Ofelia più dell’originale, mi piace la sua disperazione surreale, mi piace tutto e non lo rovinerò con nessuna coglionaggine che venga da me o da qualche critico letterario che spesso fa meno luce delle stesse parole incomprensibili che commenta“.
– “…”
– “Questa è Ofelia, ha un orologio al posto del cuore, è vestita e truccata come una puttana, fa uno streaptise, poi ricompare su una sedia a rotelle mentre due medici la bendano e rinnega la sua vita. Tutto è morte e cadaveri intorno a lei. Ride fuori luogo. Sa rimanere immobile. Vedeteci ciò che vi pare, ma leggete“.
2 […]
Enormous room. Ofelia. Il suo cuore è un orologio.
OFELIA (CORO/AMLETO) Io sono Ofelia. Quella che il fiume non ha trattenuto. La donna con la corda al collo La donna con le vene tagliate La donna con l’Overdose. SULLE LABBRA NEVE. La donna con la testa nel forno a gas. Ieri ho smesso di uccidermi. Sono sola con i miei seni, con le mie cosce e con il mio grembo. Faccio a pezzi gli strumenti della mia prigionia la sedia il tavolo il letto. Distruggo il campo di battaglia che era la mia dimora. Strappo le porte perché possa entrare il vento e il grido del mondo. Mando in frantumi la finestra. Con le mani insanguinate strappo le fotografie degli uomini che ho amato e chi mi hanno usato a letto a tavola sulla sedia per terra. Do fuoco alla mia prigione. Getto nel fuoco i miei vestiti. Mi strappo l’orologio dal petto che era il mio cuore. Esco sulla strada vestita del mio sangue.
3
[…] vestita e truccata come una puttana (esce) Ofelia.
OFELIA Vuoi mangiare il mio cuore, Amleto. (Ride).
[…] (Amleto si mette i vestiti di Ofelia, Ofelia gli disegna sul volto una maschera da puttana […].
5 […]
Mare profondo. Ofelia su una sedia a rotelle. Passano pesci macerie cadaveri e pezzi di cadavere.
OFELIA (mentre due uomini in camice da medico avvolgono lei e la sedia a rotelle con fasce di garza che fanno passare sotto il sedile e poi sulle spalle):
Qui parla Elettra Nel cuore dell’oscurità. Sotto il sole del supplizio. Alle metropoli del mondo. Nel nome del sacrificio. Io butto via tutti i semi che ho ricevuto. Trasmuto il latte dei miei seni in veleno mortale. Mi riprendo indietro il mondo che ho partorito. Soffoco il mondo che partorito, tra le mie cosce. Lo seppellisco nella mia vagina. Abbasso la gioia della sottomissione. Viva l’odio, il disprezzo, la rivolta, la morte. Quando con il vostro coltello da macellaio andrete nelle stanze da letto, saprete la verità.
Via gli uomini. Ofelia rimane sulla scena, immobile nella bianca bendatura.
Quello che c’è da capire, bisogna prima ascoltarlo bene.
Riferimenti
Germania morte a Berlino e altri testi, Heiner Müller, traduzione di Saverio Vertone e Elisabetta Niccolini, Ubulibri, 1991, pp. 83-84, 89
L’ha ribloggato su I Tarocchi di Bimbasperdutae ha commentato:
L’8 marzo, ormai si sa, non ha nulla a che vedere con la festa della donna come la intendiamo noi. Non è una giornata commemorativa perché la ditta “Cotton” non è mai esistita e nessuna operaia è morta in questo giorno in una qualche fabbrica. Neppure è una festa puramente commerciale e l’unica giustificazione per il clima di grottesco carnevale femminino durante il quale orde di femmine vanno a caccia di spogliarelli e fingono emancipazione è, appunto, che siamo vicini a carnevale.
L’8 Marzo nasce come festa comunista e, a rigor di logica e di coerenza avrebbe senso solo se celebrato da donne comuniste ma “vox populi, vox dei” e questa data si è trasformata in un giorno in cui, volenti o nolenti, il femminile si manifesta, esplode e si impone all’attenzione con tutte le sue sfaccettature dalle più grottesche alle più nobili, dalle più dolorose alle più luminose. Così, poiché ignorare questo giorno è inutile come pettinare n asino ho deciso di renderlo in qualche modo utile, almeno per me e, almeno spero, per chi mi legge.
Quest’anno i temi che l’8 marzo solleva nel mio cuore sono due, il primo lo affronto pubblicando questo articolo di “Letteralmente Felice”.
Come potete leggere si tratta di un bellissimo e struggente monologo di Ofelia tratto da Hamlet Machine. Ho scelto questo monologo perché, a mio parere, ben rappresenta una grossa fetta del mondo femminile di oggi. Il dolore, l’alienazione di molte donne uccise da modelli femminili stritolanti, vittime di modelli maschili misogini, anaffettivi o narcisisti. Donne e uomini schiacciati da ingranaggi impersonali, invisibili e inesorabili.
Ho scelto la carta della Stella per rappresenta il monologo perché è dall’attraversamento di questo dolore che può nascere speranza e rinascita.
In ciascuna di noi c’è un’Ofelia con la corda al collo o la testa nel forno al gas, un Ofelia che il fiume non può trattenere. Solo seguendo il destino di Ofelia fino in fondo, inabissandoci nelle acque e uscendo vestite solo del nostro sangue potremo strapparci l’orologio dal petto e guadagnare un cuore, liberarci della sedia e vivere come donne e uomini liberi.