“Congedo da Berlino” e il resto. Heiner Müller

Non ho tempo. No, non ho tempo. L’influenza gastrointestinale di mio figlio, sono sola, la casa, la doccia, la nanna, le bizze, la consolazione. Non ho tempo.

Non ce lo avrei comunque. Ma come si fa ad avere tempo? Tempo per questo? Come faccio ad esprimere in dieci righe ciò che suscita in me la ricorrenza della caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989)?

Berlino, Potsdam, il mio tempo giovane che trovava spazio ovunque, nelle pieghe e nelle piaghe, a volte, delle città. I miei amici e i miei Affäre (tresche… diciamo così… con in mezzo anche una vera Liebe, sì, perché l’amore è femmina in tedesco…), tutti/tutto rigorosamente Ost (ovvero Est)…

No, non è che non ho tempo, è che non sono pronta a parlare del mio periodo selvaggio fra i miei amati Ossi (nomignolo per quelli dell’Est, mentre quelli dell’Ovest venivano chiamati Wessi) e di ciò che mi dicevano della loro vita vor der Wende (prima della svolta, svolta” è la metafora che i tedeschi usano per definire la caduta del muro; per loro c’è un tempo prima e dopo la svolta: Vor und nach der Wende).

Erano miei coetanei e avevano vissuto in una dittatura. Non me ne capacitavo. Mi affascina(va) tutto/tutti.

No, non riesco ad essere nemmeno necessariamente superficiale e dire le prime due cose che mi vengono in mente, così, per fare un po’ di colore.

Allora vi sparo qualche poesia di Heiner Müller, scrittore geniale della ex DDR. Non avrò tempo per tutta la vita (ergo non sarò mai pronta) per dire ciò che questo individuo pazzesco ha rappresentato per la sua terra e per me.

Sguardo estraneo: congedo da Berlino

Dalla mia cella davanti al foglio vuoto
In testa un dramma per nessun pubblico
Sono sordi i vincitori i vinti muti
Uno sguardo estraneo su una città estranea
Giallogrigie le nubi passano alla finestra
Biancogrigi i piccioni cagano su Berlino

Senza titolo

Sopra un foglio con poesie
fresche di macchina da scrivere
cammina un (piccolo) insetto
non so se mi avrebbe divertito
ma so con precisione che lo avrei ammazzato
dieci anni fa senza
esitazione. Cosa è cambiato
io o il mondo

Senza titolo

Nello specchio il mio corpo tagliuzzato
Diviso nel centro dall’operazione
che mi ha salvato la vita Per cosa
Mi chiedo guardandomi allo specchio
Per un bambino una donna un’opera tarda
Imparare a vivere con metà macchina
Vietato respirare mangiare la domanda Per cosa
Che esce troppo facilmente dalle labbra La morte
È cosa semplice di morire è capace un idiota