L’anno scorso ero su un prato a leggere distratta e mi godevo la vista dei monti e del lago. All’improvviso questa poesia mi ha tirato un ceffone. Lo sento ancora.
Mi ha fatto riflettere su qualcosa che intuivo da tempo e di cui divento sempre più certa: noi, della vita, per un motivo o per un altro, non ne capiremo mai un cazzo. Punto. Forse è questa l’unica cosa da capire e facciamocene una ragione.
Ad esprimere molto meglio il concetto di come non abbia fatto io è la torinese Maria Luisa Spaziani (1922-2014), la poesia si chiama Follia non è sapere che di tutti:
Follia non è sapere che di tutti
quei trentamila giorni che viviamo
ne resteranno forse dieci o venti
ben vivi alla memoria. Ma è pensare
che per qualche disordine o disguido
o inframettenza di diavoli scaltri,
quei dieci o venti giorni a cui si affida
la nostra vera storia
non son quelli, ma altri.
Non so se il ceffone sia arrivato anche a voi. O siete più consapevoli di me?
Follia non è sapere che di tutti è tratta dalla raccolta Transito con catene (1977). Io l’ho letta in Poesie 1954-2006 edito da Mondadori.
Il ritratto di Maria Luisa Spaziani è di Lidia Bachis, la dedica sotto a Carlo Bo è su una prima edizione di Transito con catene.
Molto bella… però buffo l’incrocio con il mio post di oggi. Mi domando quale sia (se esiste) una sintesi ragionevole di due pensieri opposti ma veri.
Mah, secondo me va tutto in parallelo… il mondo e le vicende sono complesse!
Adoro la Spaziani….letteralmente.
dopo la Pozzi, naturalmente…
ciao
.marta
Naturalmente! Grazie per essere passata!
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