Dialogo della Moda e della Morte. Leopardi

A Leopardi non sarebbero piaciuti gli hipster. Ma nemmeno i new normal o gli yuccie. Se sono già rimasta indietro rispetto a qualche altra moda del momento perdonatemi, ma ultimamente vivo piuttosto lentamente e fuori dal mondo, per grazia ricevuta.

Oggi è il compleanno di Giacomo Leopardi (29 giugno 1798) e vorrei festeggiarlo copiando stralci di una delle Operette Morali che sicuramente non vi hanno fatto leggere a scuola: il Dialogo della Moda e della Morte. Avrebbero dovuto. È divertente e modernissima. Cinica e comica. Si parla pure di barbe, piercing e tatuaggi.

Leopardi sapeva che la nuova era industriale votata al consumo non avrebbe portato a niente di buono, infatti la Moda e Morte sono sorelle e stringono un patto di collaborazione eterna… e ho già detto tutto, il resto lo trovate sotto.

[…]

Moda: Madama Morte.

Morte: Vattene col diavolo. Verrò quando tu non vorrai.

Moda: Come se io non fossi immortale.

Morte: Immortale? […]  Ma in somma levamiti d’attorno.

Moda: Via, per l’amore che tu porti ai sette vizi capitali, fermati tanto o quanto, e guardami.

Morte: Ti guardo.

Moda: Non mi conosci? […] Io sono la Moda, tua sorella.

Morte: Mia sorella?

Moda: Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducità?

Morte: Che m’ho a ricordare io che sono nemica capitale della memoria.

Moda: Ma io me ne ricordo bene; e so che l’una e l’altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una strada e io per un’altra.

Morte: […] alza più la voce e scolpisci meglio le parole; che se mi vai borbottando tra’ denti con quella vocina da ragnatelo, io t’intenderò domani, perché l’udito, se non sai, non mi serve meglio che la vista.

Moda: […] Dico che la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo, ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue; io mi contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali. Ben è vero che io non sono però mancata e non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come verbigrazia sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v’appicco per li fori; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi che io fo che essi v’improntino per bellezza; sformare le teste dei bambini con fasciature e altri ingegni, mettendo per costume che tutti gli uomini del paese abbiano a portare il capo di una figura, come ho fatto in America e in Asia; storpiare la gente colle calzature snelle; chiuderle il fiato e fare che gli occhi le scoppino dalla strettura dei bustini; e cento altre cose di questo andare. Anzi generalmente parlando, io persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni giorno mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi, e qualcuno a morire gloriosamente, per l’amore che mi portano. Io non vo’ dire nulla dei mali di capo, delle infreddature, delle flussioni di ogni sorta, delle febbri quotidiane, terzane, quartane, che gli uomini si guadagnano per ubbidirmi, consentendo di tremare dal freddo o affogare dal caldo secondo che io voglio, difendersi le spalle coi panni lani e il petto con quei di tela, e fare di ogni cosa a mio modo ancorché sia con loro danno.

Morte: In conclusione io ti credo che mi sii sorella […]. Dunque poiché tu sei nata dal corpo di mia madre, saria conveniente che tu mi giovassi in qualche modo a fare le mie faccende.

Moda: Io l’ho fatto già per l’addietro più che non pensi. Primieramente io che annullo o stravolgo per lo continuo tutte le altre usanze, non ho mai lasciato smettere in nessun luogo la pratica di morire, e per questo vedi che ella dura universalmente insino a oggi dal principio del mondo.

Morte: Gran miracolo, che tu non abbi fatto quello che non hai potuto!

Moda: Come non ho potuto? Tu mostri di non conoscere la potenza della Moda. […] io per favorirti ho mandato in disuso e in dimenticanza le fatiche e gli esercizi che giovano al ben essere corporale, e introdottone o recato in pregio innumerabili che abbattono il corpo in mille modi e scorciano la vita. Oltre di questo ho messo nel mondo tali ordini e tali costumi, che la vita stessa, così per rispetto del corpo come dell’animo, è più morta che viva; tanto che questo secolo si può dire con verità che sia proprio il secolo della Morte. […] Queste cose, che non sono poche né piccole, io mi trovo aver fatte finora per amor tuo, volendo accrescere il tuo stato nella terra, com’è seguito. E per quest’effetto sono disposta a far ogni giorno altrettanto e più; colla quale intenzione ti sono andata cercando; e mi pare a proposito che noi per l’avanti non ci partiamo dal fianco l’una dell’altra, perché stando sempre in compagnia, potremo consultare insieme secondo i casi, e prendere migliori partiti che altrimenti, come anche mandarli meglio ad esecuzione.

Morte: Tu dici il vero, e così voglio che facciamo.

Quindi la moda NON tra-passa, cara Coco…

moda-morte

L’illustrazione sopra si chiama All is Vanity ed è di Allan Gilbert, 1892.