Oggi 20 luglio nel 1304 nasceva Francesco Petrarca. A scuola non sono riusciti a farmelo odiare. Ci stava a tutti piuttosto simpatico perché ce ne parlavamo come l’uomo del dissidio, del dubbio, come l’anima tormentata e lacerata, strizzata fa Medioevo e Rinascimento, colui che non sapeva, o voleva, scegliere fra la vita terrena e quella celeste, fra la sua (magari mia, avrebbe detto lui, visto che sua non era proprio…) Laura e Dio.
Ci stava simpatico, alla fine, perché era un uomo moderno, scriveva in volgare e perché parlava di sé e delle sue angosce, della sua vita.
Il Canzoniere è la massima espressione del suo racconto interiore e io ho scelto un sonetto che sottolinea, nella tematica e nello stile, la spaccatura del suo sentire, quel tormento che l’ha reso un idolo delle folle (tipo che è nata una corrente letteraria internazionale che si chiama petrarchismo, mica roba da niente), il primo poeta umano che canta la sua frustrazione e un amore non ricambiato.
Il sonetto è il n. 134 del Canzoniere e il titolo è già tutto un programma (sotto trovate la parafrasi se vi è ostico il volgare 😉 ).
Pace non trovo e non ho da far guerra
Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; e ardo, e sono un ghiaccio;
et volo sopra ‘l cielo, et giaccio in terra;
e nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio.
Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
e non m’ancide Amore, et non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.
Veggio senza occhi, e non ò lingua et grido;
et bramo di perire, et chieggio aita;
e ò in odio me stesso, et amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte e vita:
in questo stato son, donna, per voi.
Parafrasi:
Non ho pace e tuttavia non ho armi per combattere,
ho paura e speranza; ardo e sono di ghiaccio;
e volo sopra il cielo, e mi giaccio a terra;
e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.
Laura mi tiene in prigione, non mi libera e non mi rinchiude,
non mi tiene in suo possesso e non mi lascia;
e non mi uccide Amore, né mi libera,
non mi vuole vivo ma non mi salva.
Vedo senza gli occhi, non ho lingua eppure grido;
voglio morire ma chiedo aiuto;
e odio me stesso, e amo gli altri.
Mi nutro del mio dolore, rido piangendo;
in ugual misura ho in odio la morte e la vita:
in questa condizione mi trovo, donna, a causa vostra.