Wuthering heights. Cime tempestose

La mia prof di Letteratura Inglese dell’università sembrava Don Chuck Castoro, ci costrinse a comprare un suo libro completamente inutile e scritto male e le sue lezioni erano il compitino delle medie di una ragazzina a cui non piace leggere, ma non posso negare che il corso su Cime Tempestose mi intrigò parecchio.

Tutta questa storia di passione distruttrice fra Catherine e Heatcliff, la selvaggia e misteriosa brughiera inglese, i fantasmi e gli spettri, le storie che si intrecciano e i racconti che si disperdono, la vendetta, la lotta di nervi, i simboli numerosi sparsi fra le righe, la morte. Una trama e dei personaggi di tutto rispetto, indimenticabili e ormai iconici.

E poi mi piaceva il fatto che a scrivere questo romanzo fosse la sorella “sfigata” di Charlotte e Anne Brontë, ovvero Emily, nata oggi nel 1818.

Nel 1847 le tre sorelle pubblicarono tre romanzi: Charlotte il famosissimo Jane Eyre, Anne il meno famoso Agnes Gray e Emily Wuthering Heights. I primi due furono accolti molto bene dalla critica, mentre Cime Tempestose no, fu definito scandaloso, violento, complicato, immorale. Beh, non sono difetti, era un capolavoro. Brava la critica.

Sebbene la scena di questo romanzo che mi perseguita sia quella in cui uno dei personaggi (Lockwood per chi l’ha letto già) viene svegliato dal fantasma di Catherine che bussa alla finestra, ho scelto altro.

Ecco qualche frase celeberrima e un breve stralcio dove Catherine spiega la natura dell’amore che la lega a Heatcliff.

Di qualsiasi cosa siano fatte le nostre anime, la mia e la sua sono fatte  della medesima cosa […].

È duro perdonare, e guardare codesti occhi, e toccare codeste mani consunte. Baciami ancora; e non farmi vedere i tuoi occhi! Ti perdono per quello che mi hai fatto. Io amo la mia assassina; ma il tuo assassino, come potrei perdonarlo?

Ma, lui, era disperato: e il suo dolore era di quelli che non conoscono lamento. Non piangeva né pregava: malediva e sfidava; esecrava Dio e gli uomini, e si lasciava andare alla più profonda dissipazione.

[…] niente di tutto quello che Dio o Satana potevano infliggerci, niente avrebbe potuto separarci […].

La noia che mi procura la sua presenza è più forte del piacere che io trovo nel tormentarla.

A che scopo esisterei, se fossi tutta contenuta in me stessa? I miei grandi dolori, in questo mondo, sono stati i dolori di Heathcliff, io li ho tutti indovinati e sentiti fin dal principio. Il mio gran pensiero, nella vita, è lui. Se tutto il resto perisse e lui restasse, io potrei continuare ad esistere; ma se tutto il resto durasse e lui fosse annientato, il mondo diverrebbe, per me, qualche cosa di immensamente estraneo: avrei l’impressione di non farne più parte. Il mio amore per Linton è come il fogliame dei boschi: il tempo lo trasformerà, ne sono sicura, come l’inverno trasforma le piante. Ma il mio amore per Heathcliff somiglia alle rocce nascoste ed immutabili; dà poca gioia apparente ma è necessario.

Da ricordare la versione cinematografica di Luis Buñuel e la canzone di Kate Bush (https://www.youtube.com/watch?v=mFaaDgdby54&list=RDmFaaDgdby54&index=1). Mica briciole.