Kesselring, l’URSS e il mio esame di quinta elementare

A otto anni io già soffrivo di ansia da prestazione. A scuola dovevo essere la più brava. Non lo ero. Negli anni lo sono diventata e l’ansia si è evoluta in un mostro che non ho più potuto contenere dentro una cartella di Candy Candy. O lo zaino Invicta. O la borsa hippy con le frange. O la shopping bag artigianale.

Quando la maestra Licia ci annunciò che avremmo dovuto scegliere gli argomenti per l’esame di quinta elementare io ci mancò poco che saltassi sull’attenti e gridassi: “SISSIGNORA SIGNORA!!”, sputacchiando lontano frammenti di saliva.

Il soldatino Silvietta, col grembiulone bianco (ero una bambina gigante) perfettamente stirato e il fiocco azzurro inamidatissimo si mise a pensare a cosa avrebbe potuto scegliere. Doveva essere qualcosa di difficile e che mi avrebbe fatto faticare fino a soffrire, qualcosa che nessuno avrebbe voluto affrontare.

Non ricordo molto, ma quello che è emblematico sì: scelsi come poesia Lo avrai, camerata Kesselring* perché era la più lunga; per geografia scelsi l’URSS perché era il paese più grande con più cose da ricordare.

Mai avrei potuto optare per la lirica di un ermetico e il Molise.

La poesia di Piero Calamandrei mi piaceva e non ci avrei messo molto a impararla di nuovo a memoria, ma era recitarla davanti alla classe che mi mandava in bomba completa. Diventavo viola e la testa mi scoppiava, tenere l’ansia per 29 versi sarebbe stata durissima. La geografia… l’ho sempre odiata, io non so dove siamo girato l’angolo di casa mia e il mio cervello non trattiene nulla in merito.

Comunque, dopo quelli che mi sembrarono mesi passati a declamare versi e a disegnare confini, fare ricerche sugli Urali e il lago Aral, l’esame si fece, andò bene, passai col massimo dei voti e io non ne fui mai completamente felice. Piccola, tenera sfigata con le trecce.

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre

Resistenza

*Kesserling era un comandante nazista, riuscì ad evitare l’ergastolo e a tornare in Germania, chiedendo addirittura che gli italiani gli costruissero un monumento. E Calamandrei gli dedicò un monumento fatto di parole.