Feticismo di carta: un romanzo per signorine perbene

Da buona feticista del libro ogni tanto non resisto davanti a un volume retro che non leggerò mai. In verità La rosa fatale (scusate, ma il titolo?? che goduria) di M. Delly me l’hanno regalato. Fra feticisti ci s’intende.

Questo tipo di libri li amo a priori, non per il contenuto, che non considero nemmeno pertinente all’esistenza dell’oggetto in sé. Mi piace sfogliarlo ogni tanto, guardare la calligrafia della dedica di chi me lo regalò.

È un romanzo rosa (che goduria, Lyala docet), di quelli che compravano le signorine negli anni ’50 o giù di lì. È molto bello, piccolo, con dei fiori stampati sugli interni della copertina, sulla prima e sull’ultima pagina (no, dico… ma che goduria è??).

La rosa fatale

È bellissimo perché, anche se non ha la sovracopertina, fuori è in tessuto tipo … lino? Rosa pallido, o cenere, non so (goduria infinita).

È bellissimo perché delle roselline sono impresse in bassorilievo anche sulla destra in basso della copertina rigida e a pagina 2 c’è un’illustrazione che ritrae, presumo, la protagonista nella quale tutte le signorine perbene, tremanti, dovevano identificarsi (brrrrr che goduria!!).

La rosa fatale

La ragazza bionda con la bocca rossa e i capelli tipo Marilyn Monroe ha l’aria preoccupata e lo sguardo umido.

La rosa fatale

M. Delly in verità non esiste, è uno pseudonimo per il collettivo formato dai fratelli Frédéric e Jeanne-Marie Petitjean de la Rosière. Più che altro era la sorella che scriveva, Jeanne-Marie, come accadeva per molti romanzi rosa.

Mi immagino sempre le manine pallide delle ragazze in vestaglia da giorno che sfogliavano il romanzo e si turbavano. Brrrrrrrrrr.

La mia copia di La rosa fatale di M. Delly del 1954 è edita da Salani. E no, non lo leggerò mai.