Necronomicon. L’horror cosmico di Lovecraft

È follia collettiva. Volevo scrivere un post facile facile sullo pseudobiblium più famoso che ci sia e mi sono ritrovata a dover districare un casino mica da ridere.

Partiamo dalle certezze.

Certezza n. 1: cosa significa Necronomicon?

A seconda delle interpretazioni può significare: Il libro dei morti, Il libro dei nomi dei morti, La descrizioni delle leggi che governano i morti, Guida alla terra dei morti, Libro che riguarda la Morte.

Certezza n. 2: di che tratta, in due parole, questo libro?

È in sostanza un libro di magia nera che contiene le formule e i riti per invocare i Grandi Antichi, ovvero delle terribili divinità extraterrestri, ora dormienti, che hanno governato la terra in tempi antichissimi. Il libro ne descrive la storia e ne tramanda il culto. Chiunque lo legga, non farà una bella fine.

Certezza n. 3: Chi l’ha scritto? Abdul Alhazred, l’arabo pazzo, nell’VIII secolo.

Certezza n. 4: il Necronomicon non esiste, è un’invenzione di Howard Phillips Lovecraft, il solitario di Providence autore, fra le altre cose, dei racconti horror del Ciclo di Cthulhu (Cthulhu, come altri personaggi, è uno dei Grandi Antichi). Lovecraft citò il terribile libro in alcuni di questi racconti e scrisse perfino una brevissima Storia del Necronomicon, così ricca di dettagli sull’autore, sulle traduzioni e sulle varie copie esistenti da far uscire di testa gli appassionati dell’occulto. Ma è tutta fiction.

In una lettera ad uno suo corrispondente Lovecraft scrive*:

Se la leggenda del Necronomicon continua a crescere in questo modo, la gente finirà per crederci davvero, e accuserà me di falso per aver affermato di averlo inventato io.

[…]

Riguardo a questi libri ‘proibiti e terribili’, sono costretto ad ammettere che sono pressoché tutti puramente immaginari. Non è mai esistito un Necronomicon di Abdul Alhazred, perché sono stato proprio io ad inventarlo […].

Se poi i lettori amanti del genere vogliono continuare a giocare con questa fantasia, non c’è niente di male, per carità!

Del resto, ed è per questo che il mio post è diventato difficile da scrivere, nel tempo si sono stratificate molteplici notizie, citazioni, ricerche, recensioni, pubblicazioni, testimonianze e racconti sul famigerato Necronomicon, da parte di editori, scrittori e appassionati, che discernere il vero dal falso è cosa complicata.

Ma qui io non voglio essere complicata.

Voglio leggere delle citazioni dal libro maledetto estrapolate da vari testi, e non vi dico cosa ho dovuto fare per capire se fossero originali di Lovecraft, contenute in qualcuno dei racconti del Ciclo di Cthulhuo di qualcuno dei tanti autori che hanno ripreso la leggenda del Necronomicon.

Remota, nel deserto dell’Arabia, si stende la Città senza Nome, sgretolata e diruta, le basse mura seminascoste dalla sabbia di innumerevoli ere. Doveva essere così prima che fossero gettate le fondamenta di Menfi, e quando i mattoni di Babilonia ancora non erano cotti. Non esiste nessuna leggenda tanto antica da darle un nome, o da ricordarla viva. Ma se ne sussurra intorno ai fuochi degli accampamenti, e le vecchie ne mormorano nelle tende degli sceicchi, cosicché tutte le tribù la evitano senza sapere assolutamente perché. Fu di quella città che Abdul Alhazred, il poeta pazzo, sognò la notte prima di creare il suo inspiegabile distico:

Non è morto ciò che in eterno può attendere,

E in strane ere anche la morte può morire.

(Lovecraft, La città senza nome, 1921)

 

“E mentre ci sono coloro”, aveva scritto l’arabo pazzo, “che hanno osato gettare sguardi oltre il Velo, e accettare LUI come guida, essi sarebbero stati più prudenti se avessero evitato di avere contatti con LUI; perché è scritto nel libro di Thoth che terrificante è il prezzo di un singolo sguardo. Né possono loro che possano fare ritorno, poiché nella vastità che trascende il nostro mondo ci sono forme di oscurità che afferrano e costringono. La Cosa che si aggira nella notte, il male che sfida il Segno Più Antico, il Gregge che monta la guardia al portale segreto che ogni tomba possiede, e che cresce robusto nutrendosi di ciò che procede dai suoi occupanti; tutte queste nequizie sono minori di colui che custodisce il Cancello: colui che guiderà il temerario oltre tutti i mondi nell’Abisso degli innominabili divoratori. Perché egli è ‘UMR AT-TAWIL, l’Antichissimo, che lo scriba definisce PROLUNGATO DELLA VITA.”

(Lovecraft, La chiave d’argento, 1926)

 

Non si deve pensare che l’uomo sia stato il più antico o che sarà l’ultimo dei Padroni della Terra. No, e neppure che la maggior parte della vita e della sostanza proceda da sola. I Grandi Antichi furono, i Grandi Antichi sono, e i Grandi Antichi saranno.

Lovecraft e Derleth, Il guardiano della soglia, 1945

 

Chiunque parli di Cthulhu deve ricordare che costui ha solo l’apparenza di essere morto; egli dorme, e tuttavia non è addormentato; egli è morto, e tuttavia non è morto; e sebbene sia morto e dormiente, sorgerà ancora. Di nuovo si vedrà che:

Non è morto ciò che in eterno può attendere,

E in strane ere anche la morte può morire.

(August Derleth, The Trail of Cthulhu, 1943-62)

 

L’incantesimo Vach-Viraj

Ya na kadishtu nilgh’ri stell’bsna Nyogtha

K’yarnak phlegethor l’ebumna syha’h n’ghft,

ya hai kadishtu ep r’luh-eeh Nyogtha eeh,

S’uhn-ngh athg li’hee orr’e syha’h.

(Brian Lumley, The Burrowers Beneath, 1974)

… mmm e adesso che ho copiato e letto a voce alta questo incantesimo che mi succederà? 😉

 

* Lettera a Willis Canover, 1936.

L’immagine in apertura è di H.R. Giger, da una raccolta intitolata proprio Necronomicon.


 

Riferimenti:

Il Necronomicon, storia di un libro che non c’è, a cura di Sergio Basile, Fanucci

I Racconti del Necronomicon, cura e traduzione di Gianni Pilo, e-Newton Classici