Una vita senza condizionale è una vita (e un mondo) senza possibilità. Il linguaggio influenza il pensiero, quindi il comportamento*.
Condizionale: 1. In grammatica: a. Modo c. (o assol. condizionale s. m.), modo del verbo italiano, e di altri sistemi verbali, il quale indica soprattutto il desiderio o la possibilità che un fatto si compia in dipendenza dell’avveramento di certe condizioni (al presente: «verrei se potessi»; al passato: «sarei venuto se avessi potuto»). […]
Treccani
Figuriamoci una vita senza congiuntivo!
Se non posso esprimere, prima di tutto a me stesso, uno scenario ipotetico, non lo posso nemmeno pensare. Quindi vuol dire che non posso concepire una qualunque possibilità di fare, essere o diventare qualcosa.
Devo restare ciò che sono (e il mondo com’é) e che, nel caso di 1984 di Orwell, altri hanno deciso che io sia per sempre.
Siamo dunque tutti d’accordo che una vita senza condizionale (e congiuntivo), sarebbe una vita di merda.
Nella Neolingua (Newspeak) descritta da George Orwell in 1984 il condizionale è stato abolito. E il libero pensiero con lui.
L’appendice del romanzo si intitola I principi della Neolingua ed è uno dei capitoli più pazzeschi del libro. Analizza le caratteristiche dell’idioma sviluppato e imposto dal regime del Grande Fratello, ma soprattutto ne spiega le conseguenze sociali e politiche.
Non mi basta un post, ma comincio da qui:
Fine della Neolingua non era soltanto quello di fornire un mezzo di espressione per la concezione del mondo e per le abitudini mentali proprie ai seguaci del Socing [la dittatura del Socialismo Inglese n.d.r.], ma soprattutto quello di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero.
Il suo lessico era costituito in modo tale da fornire espressione esatta e spesso assai sottile a ogni significato che un membro del Partito poteva desiderare propriamente intendere. Ma escludeva, nel contempo, tutti gli altri possibili significati, così come la possibilità di arrivarvi con metodi indiretti.
La Neolingua […] era distinta da quasi tutte le altre lingue dal fatto che il suo vocabolario diventava ogni giorno più sottile invece di diventare più spesso. Ogni riduzione diventava una conquista, perché più piccolo era il campo della scelta e più limitata era la tentazione di lasciar spaziare il proprio pensiero.
Tutte le ambiguità e sfumature di significato erano state completamente eliminate.
[…] parole che un tempo avevano avuto un significato eretico venivano pur mantenute, talvolta, per via della convenienza, ma il significato sfavorevole era come purgato.
La parola libero esisteva ancora in Neolingua, ma poteva essere usata solo in frasi come “Questo cane è libero da pulci” ovvero “Questo campo è libero da erbacce”.
Innumerevoli altre parole, come onore, giustizia, morale, internazionalismo, democrazia, scienza e religione avevano semplicemente cessato di esistere.
In Neolingua era assai raramente possibile seguire un pensiero eretico al di là della pura e semplice percezione […]: oltre quel punto, le parole che sarebbero state necessarie non esistevano.
Il concetto di eguaglianza politica non esisteva più e quel significato secondario era stato infatti purgato dalla parola eguale.
Una persona cresciuta con la Neolingua come sua sola lingua non avrebbe mai saputo che eguale aveva avuto un tempo anche un significato secondario di “eguale politicamente”, e che la parola libero aveva avuto quella di “intellettualmente libero” […].
Attuale, non solo riferito alle odierne dittature, se pensate a come parlano (pensano) Salvini o Trump e tutti gli altri analfabeti funzionali.
*Ma sarà vero? È vero anche il contrario? È la lingua che influenza il pensiero, o è il pensiero che influenza la lingua? Il quesito è vecchio ma molto hot tutt’ora negli ambienti della linguistica e non solo. C’è chi è d’accordo e chi no. Dipende da che punto di vista lo guardi. Dipende se è una lingua imposta o nata spontaneamente. Di sicuro in 1984 la Neolingua è stata inventata e imposta allo scopo di plagiare e impoverire la mente di chi la parlava (introiettava).
Riferimenti
George Orwell, 1984, traduzione di Gabriele Baldini, Mondadori pp. 313-326
sono entrambe vere
Penso anche io!
basito mi illumini puntualmente flash di luce su luoghi sconosciuti del pensiero ti voglio bene vorrei dire altro ma sarebbe( agh il condizionale) un topos impraticabile nel mio scrivere quotidiano , e anche parlare , ma è più difficile ho rimosso la parola NON . ho scoperto che mi obbliga a dare un senso al negativo se voglio esprimerlo appunto con un “non” e consente alla negatività stessa di mutare la sua imperiosità oppositiva in un invito alla comprensione e al dialogo . non male eliminando solo tre segni grafici dal mondo della nostra comunicazione scritta . un abbraccio , se posso, devotamente tuo guido
La neolingua è l’applicazione di un concetto ingegneristico non abbastanza noto: “Se il tuo unico strumento è un martello, tutto ciò che vedi ti sembrerà un chiodo”.
chiaro e limpido!
Interessante, anche la musica subisce la stessa sorte…
Come mezzo di espressione e comunicazione !
Ho trovato l’appendice sulla neolingua il passo più inquietante del libro (ed ho avuto incubi tutte le notti mentre lo leggevo). Il linguaggio di molti adolescenti è povero come i protagonisti de “l’opera di tre soldi” eppure questi ragazzini e ragazzine non solo esibiscono il loro sottile vocabolario come marchio di appartenenza all’elite dei “fighi e moderni” ma hanno anche ottimi voti in italiano. ecco quest’ultimo dato mi sconvolge tutte le volte!