Diario di una diversa. Il manicomio di Alda Merini

Alda Merini è stata internata al manicomio Paolo Pini di Milano dal 1965 al 1972. Come e perché c’era finita?

Quando venni ricoverata la prima volta in manicomio ero poco più che una bambina, avevo sì due figlie e qualche esperienza alle spalle, ma il mio animo era rimasto semplice, pulito […]. Insomma, ero una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente. Provai a parlare di queste cose a mio marito, ma lui non fece cenno di comprenderle e così il mio esaurimento si aggravò, e morendo mia madre, alla quale io tenevo sommamente, le cose andarono di male in peggio tanto che un giorno, esasperata dall’immenso lavoro e dalla continua povertà e poi, chissà, in preda ai fumi del male, diedi in escandescenze e mio marito non trovò di meglio che chiamare un’ambulanza, non prevedendo certo che mi avrebbero portata in manicomio. Ma allora le leggi erano precise e stava di fatto che ancora nel 1965 la donna era soggetta all’uomo e che l’uomo poteva prendere delle decisioni per ciò che riguardava il suo avvenire.

Fui quindi internata a mia insaputa, e io nemmeno sapevo dell’esistenza degli ospedali psichiatrici perché non li avevo mai veduti, ma quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso in quanto mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica ad uscire.

pagg. 13-14

Cos’è il Diario di una diversa”?

[…] non è un documento, né una testimonianza sui dieci anni trascorsi dalla scrittrice in manicomio. È una ricognizione, per epifanie, deliri, nenie, canzoni, disvelamenti e apparizioni, di uno spazio – non un luogo – in cui, venendo meno ogni consuetudine e accortezza umana, irrompe il naturale inferno e il naturale numinoso dell’essere umano.

(dalla prefazione di Giorgio Manganelli, pag. 9)

Ecco un po’ del tanto che ho sottolineato nelle pagine grondanti di Alda, nel settembre del 2003, come testimoniato dal biglietto ATM che usai come segnalibro e che tutt’ora vive dentro al Diario:

L’aver vissuto in un manicomio e l’avere interpretato questo vissuto, non è cosa da tutti; l’esserne poi riusciti, è stata impresa quanto mai difficile in quanto è pericoloso uscire dai meandri della propria inquietudine per addentrarsi nella socialità.

pag. 35

Paolo Pini ex manicomio

Nelle malattie mentali la parte primitiva del nostro essere, la parte strisciante, preistorica, viene a galla e così ci troviamo ad essere rettili, mammiferi, pesci, ma non più esseri umani.

pag. 68

Tendevo l’occhio ai possibili rumori, ai suoni, al disegno dell’alba. Ma nulla che venisse a travolgermi, a coinvolgermi. Il mio guscio doveva essere di durissimo osso, impenetrabile. E allora mi accoccolavo per terra, vinta, ma con il proposito di tornare a combattere.

pagg. 72-73

Le inquietudini si alternavano alle inquietudini. Correvo spesso a telefonare ai miei figli, quasi fossi costantemente sul punto di perderli. Ma questo non mi dava alcuna pace. I miei figli li avevo inconsciamente smembrati, si erano persi durante il mio lungo viaggio in manicomio. Altri avevano voluto che la loro immagine fosse così distorta. Non io.

pagg. 91-92

[…] ma io non avevo nessuna voglia di mangiare, e andavo in giro per il reparto raccattando le cicche. Questo fatto veniva interpretato come una forma di malattia. Invece io avevo bisogno di un pacco di biscotti, di una carezza. E in quella cicca vedevo il dono che mi era mancato.

pag. 93

Il manicomio non finisce più. È una lunga catena pesante che ti porti fuori, che tieni legata ai piedi. Non riuscirai a disfartene mai. E così io continuo a girare per Milano, con questa sorta di peso ai piedi e dentro l’anima.

pagg. 96-97

Il denaro mi fa paura. Forse perché in manicomio non ne avevamo mai. Quando fuori hanno provato a darmelo, non sapevo che farmene, e lo spendevo male. Ma avevo tante voglie segrete. Per esempio, una voglia di piangere, intensa, su quelle banconote.

pag. 97

Ho sottolineato troppo, per continuare mi serve un altro post, Alda non mi entra tutta qui oggi ❤ .

Alda Merini


Riferimenti

Foto 2: ex Manicomio Paolo Pini, via Ippocrate 45, Milano

Alda Merini, L’altra verità, Diario di una diversa, BUR