Ho la fortuna di essere nata in un paese dove non c’è la guerra e dove, anche se ci si lamenta tutti, si va in vacanza e si postano le foto su Instagram.
È una fortuna che non ho né guadagnato né meritato. Mi sento in colpa.
A volte non leggo le notizie perché mi fanno stare male. Ad ogni foto dei cadaveri in mare o sulle spiagge dove noi prendiamo il sole, ad ogni fotogramma di madri che sollevano bambini piccolissimi per farli passare sulla folla dei barconi mi si paralizza la circolazione.
Non è un merito essere venuta al mondo in un paese dove non c’è in atto un massacro e dove, o bene o male, ancora un po’ di lavoro ci fa campare.
Ma non è sempre stato così e secondo me ci sono buonissime probabilità che si ritorni a quell’epoca in cui erano gli italiani, napoletani come veneti e lombardi, a fuggire dal nostro Bel Paese per non morire di fame.
Posto questa poesia di Edmondo De Amicis per chi pensa che il proprio diritto a vivere sia più legittimo di quello degli altri.
Gli emigranti (1882)
Cogli occhi spenti, con lo guancie cave,
Pallidi, in atto addolorato e grave,
Sorreggendo le donne affrante e smorte,
Ascendono la nave
Come s’ascende il palco de la morte.E ognun sul petto trepido si serra
Tutto quel che possiede su la terra.
Altri un misero involto, altri un patito
Bimbo, che gli s’afferra
Al collo, dalle immense acque atterrito.Salgono in lunga fila, umili e muti,
E sopra i volti appar bruni e sparuti
Umido ancora il desolato affanno
Degli estremi saluti
Dati ai monti che più non rivedranno.Salgono, e ognuno la pupilla mesta
Sulla ricca e gentil Genova arresta,
Intento in atto di stupor profondo,
Come sopra una festa
Fisserebbe lo sguardo un moribondo.Ammonticchiati là come giumenti
Sulla gelida prua morsa dai venti,
Migrano a terre inospiti e lontane;
Laceri e macilenti,
Varcano i mari per cercar del pane.Traditi da un mercante menzognero,
Vanno, oggetto di scherno allo straniero,
Bestie da soma, dispregiati iloti,
Carne da cimitero,
Vanno a campar d’angoscia in lidi ignoti.Vanno, ignari di tutto, ove li porta
La fame, in terre ove altra gente è morta;
Come il pezzente cieco o vagabondo
Erra di porta in porta,
Essi così vanno di mondo in mondo.Vanno coi figli come un gran tesoro
Celando in petto una moneta d’oro,
Frutto segreto d’infiniti stonti,
E le donne con loro,
Istupidite martiri piangenti.Pur nell’angoscia di quell’ultim’ora
Il suol che li rifiuta amano ancora;
L’amano ancora il maledetto suolo
Che i figli suoi divora,
Dove sudano mille e campa un solo.E li han nel core in quei solenni istanti
I bei clivi di allegre acque sonanti,
E le chiesette candide, e i pacati
Laghi cinti di piante,
E i villaggi tranquilli ove son nati!E ognuno forse sprigionando un grido,
Se lo potesse, tornerebbe al lido;
Tornerebbe a morir sopra i nativi
Monti, nel triste nido
Dove piangono i suoi vecchi malvivi.Addio, poveri vecchi! In men d’un anno
Rosi dalla miseria e dall’affanno,
Forse morrete là senza compianto,
E i figli nol sapranno,
E andrete ignudi e soli al camposanto.Poveri vecchi, addio! Forse a quest’ora
Dai muti clivi che il tramonto indora
La man levate i figli a benedire….
Benediteli ancora:
Tutti vanno a soffrir, molti a morire.Ecco il naviglio maestoso e lento
Salpa, Genova gira, alita il vento.
Sul vago lido si distende un velo,
E il drappello sgomento
Solleva un grido desolato al cielo.Chi al lido che dispar tende le braccia.
Chi nell’involto suo china la faccia,
Chi versando un’amara onda dagli occhi
La sua compagna abbraccia,
Chi supplicando Iddio piega i ginocchi.E il naviglio s’affretta, e il giorno muore,
E un suon di pianti e d’urli di dolore
Vagamente confuso al suon dell’onda
Viene a morir nel core
De la folla che guarda da la sponda.Addio, fratelli! Addio, turba dolente!
Vi sia pietoso il cielo e il mar clemente,
V’allieti il sole il misero viaggio;
Addio, povera gente,
Datevi pace e fatevi coraggio.Stringete il nodo dei fraterni affetti.
Riparate dal freddo i fanciulletti ,
Dividetevi i cenci, i soldi, il pane,
Sfidate uniti e stretti
L’imperversar de le sciagure umane.E Iddio vi faccia rivarcar quei mari,
E tornare ai villaggi umili e cari,
E ritrovare ancor de le deserte
Case sui limitari
I vostri vecchi con le braccia aperte.
Sull’illustrazione: “La discarica senza legge”: l’invasione giornaliera dei nuovi immigrati direttamente dai bassifondi d’Europa.
(Fudge, 6 giugno 1903)
Se mi permetti, io leggo più volentieri le lugimiranze, di Oriana Fallaci, che ci ammoniva a diffidarediffidare di accogliere gente, che ci ritiene degli infedeli, da combattere. Questi sono rimasti al tempo delle crociate cristiane
Accoglierli in casa nostra, è come ospitare in casa uno che vuole impadronirsi delle tue cose. È di questi giorni la cronaca reggiana: i Pachistani si lamentano del riso troppo al dente…..quando il menù era appunto: riso, pollo, e contorno. Si vergognino!!!! Quando ero un ragazzo, ero assistito dall’Eca: Ente comunale l’assistenza, tanto eravamo poveri, ma mai i miei genitori si sono mai lamentati di ciò che ricevevano. Dobbiamo riflettere su queste cose, oltre al fatto, che abbiamo riempito la nostra città di delinquenti pronti ad ogni reato.
Ciao, approvo il tuo commento solo per gridare e urlare che non sono d’accordo con nessuna parola che scrivi.
Dici bene, le Crociate CRISTIANE: ovvero “le nostre”, ciò dimostra che in fondo dovresti saperlo (sai cosa sono le Crociate, in nome di quale Dio, chi andava a combattere, DOVE e contro cosa??? “NOI” CRISTIANI ANDAVAMO DA “LORO”, LI CHIAMAVAMO INFEDELI, LI UCCIDEVAMO SENZA NESSUNA PIETA’ IN NOME DEL NOSTRO DIO, SOLO PER APPROPRIARCI DELLE LORO TERRE E RISORSE) che la religione viene usata come arma per le conquiste politiche e di potere, da sempre e in ogni cultura.
Ciò che dici è profondamente dis-umano, dis-informato e totalmente approssimativo, un coacervo di luoghi comuni impressionanti.
La notizia che dai dei pachistani sarà una di quelle bufale che girano a decine ogni giorno per impressionare chi ha il “razzismo facile” e non ha certo voglia di capire a fondo le questioni sociali, perché è più difficile, perché bisogna dubitare, mettersi in gioco, non limitarsi a leggere i post di Salvini su Facebook. E’ molto facile essere egoisti e dare tutta la colpa “agli stranieri” per i mali dell’Italia…
Il fatto di essere stato povero, cosa della quale mi dispiaccio tanto, e col cuore sincero, purtroppo non ti ha reso empatico e comprensivo nei confronti della gente che ha bisogno e che non ha uno stato in grado di aiutarla come l’Italia in passato ha fatto con te e la tua famiglia, per fortuna.
La Fallaci un giorno la leggerò e ti saprò dire.
Grazie comunque di essere passato.