Evviva le portinaie! Céline

Allora. Sto leggendo Viaggio al termine della notte di Luis Ferdinand Céline e difficilmente contengo l’entusiasmo, ma è troppo presto per stracciarmi le vesti e aprirvi il mio cuore su questo capolavoro scellerato.

Però non resisto alla pubblicazione e ho pensato di copiare questo pezzettino burlone, geniale e tipico del gusto di Céline che parla di una categoria umana fondamentale: le portinaie.

Non resisto nemmeno a scrivere un paio di righe sulla mia, di portinaie.

È senza denti e a me piacciono le persone senza denti. Nessuno è senza denti per desiderio suo. È un miscuglio di fastidio e tenerezza, una di quelle persone che ti fanno imparare ad essere paziente, tuo malgrado.

Lei ferma TUTTI almeno per 5 minuti ogni volta che scendi le scale. TUTTI. SEMPRE. Ogni volta che scendi. Se scendi 10 volte, lei ti ferma 10 volte e ti chiede perché il tuo fidanzato non è con te. O perché tua madre non è con te. O perché tuo figlio non è con te. O perché stanotte alle 4.03 hai tirato lo sciacquone.

Lei rimprovera TUTTI e SEMPRE per qualcosa. O perché hai sbattuto troppo forte la porta dell’ascensore. O perché i panni hanno sgocciolato troppo nel cortile. O perché hai lasciato il passeggino sotto le scale per più di 10 minuti. O perché le cammini sul pavimento appena pulito.

Lei, ti fa il resoconto di TUTTI quelli del palazzo che si sono lamentati di te con lei, e succede TUTTI i giorni. A TUTTI, SEMPRE.

E poi pretende di raccontarti TUTTO quello che fatto fino a quel momento e quel che le resta da fare. Non serve scappare, ti rincorre con lo spazzolone in mano, o con un vaso di fiori, o con il detergente spray, o con un monopattino rimasto, secondo lei, fuori posto.

La vorresti uccidere, salvo che poi ogni tanto ti racconta cose di lei che ti lasciano intravedere i motivi della sua bocca sdentata e del suo prurito costante alla lingua. Ti guarda muta per un secondo, e tu l’hai capita e perdonata.

La città intera era priva di portinaie. Una città senza portinaie, non ha storia, non ha gusto, è insipida, come una minestra senza pepe né sale, una ratatuglia informe. Oh! quel gustoso raschiare la pentola! Rimasugli, sbavature che stillano dall’alcova, dalla cucina, dalle mansarde, per sgocciolare a cascatelle attraverso la casa custode, nel bel mezzo della vita, che inferno saporito! Certe portinaie delle nostre parti sono travolte dalle loro mansioni, le si vede laconiche, tossicchianti, compiaciute, stranite, è perché sono rintronate di Verità quelle martiri, consumate da Lei.

Contro l’infamia di esser povero, bisogna, confessiamolo, è un dovere, provarle tutte, ubriacarsi di qualsiasi cosa, di vino, quello non caro, di masturbazione, di cinema. Non bisogna fare i difficili, i “particolari”, come dicono in America. Le portinaie che abbiamo noi, che l’anno sia buono o cattivo, ammettiamolo, forniscono a quelli che sanno come prenderlo, e scaldarselo tenendolo sul cuore, un odio che ci puoi far tutto a basso prezzo, sufficiente a far saltare il mondo. A New York ci si trova spaventosamente sprovvisti di questo pimento vitale, tanto meschino e vivo, indispensabile, senza il quale lo spirito soffoca e si condanna a fare maldicenza in modo vago, a farfugliare pallide calunnie. Niente che mordi, vulneri, incida, tormenti, ossessioni, senza una portinaia che venga puntualmente ad aggiungere all’odio universale il fuoco dei suoi mille incontestabili dettagli.

Céline, fai di me la tua portinaia, per SEMPRE !


Riferimenti

Viaggio al termine della notte, Luis Ferdinand Céline, traduzione dal francese di Ernesto Ferrero, edito dal Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.A., pp. 202-203