Eh certo che mi piacerebbe avere una casa mia. Anzi, posso dire che è sempre stato uno dei miei sogni. Ma non ho parenti che me la possano comprare o che mi possano anche solo dare l’anticipo per il mutuo.
Devo fare da sola. Onestamente, scegliendo una casa che non mi piace, in una zona che non mi piace, bruciando quei due euro di risparmi che ho (cosa che non mi piace) e facendo un mutuo da 30 anni (cosa che non mi piace), potrei anche farlo. Potrei comprarla.
Riflettendo ho deciso di no. Io il mutuo trentennale non lo voglio. Sì, l’affitto sono soldi buttati. Un po’ come gli interessi, del resto.
Céline mi racconta cosa sarebbe di me se lo facessi, sarebbe davvero un Viaggio al termine della notte.
[…] La palazzina avevano appena finito di pagarla. Una cosa che gli rappresentava cinquant’anni buoni di economie. Come entravi da loro e li vedevi ti domandavi cosa avevano tutti e due. Ebbene, quel che avevano gli Hernouille di poco naturale, è di non aver mai speso in cinquant’anni uno solo dei loro soldi senza averlo rimpianto. […]
[…] non riuscivano a capacitarsi di essere passati attraverso la vita solo per avere una casa […].
Gli Hernouille, ancor prima di sposarsi, ci pensavano già a comprar casa. Prima separatamente, e poi, insieme. S’erano rifiutati di pensare ad altroper mezzo secolo e quando la vita li aveva costretti a pensare ad un’altra cosa […], ne avevano fatto una gran malattia.
[…] Era pagata anche la loro camera da letto, i mobili, e perfino da tempo. Tutte le fatture saldate da dieci, venti, quarant’anni sono del resto pinzate insieme, nel tiretto in alto del comò e il libro dei conti perfettamente aggiornato sta in basso nella sala da pranzo dove non mangia mai. […] Loro, hanno sempre mangiato in cucina.
Finalmente, la palazzina pagata, posseduta a giusto titolo e tutto, nemmeno un soldo di debito, non dovevano più prendersela tutti e due dal lato sicurezza. Accadeva nel loro sessantaseiesimo compleanno.
Ed ecco proprio che lui si mette a sentire uno strano malessere […]. Come degli stordimenti e poi dei fischi di vapore in ogni orecchio […].
S’era fatto tanta di quella bile per tanti di quegli anni per la casa […], che aveva come un posto improvvisamente vuoto nella trama d’angosce che gli occupava tutto il corpo dopo quarant’anni di scadenze, nello stesso costante fervore spaurito. […]
Si alzava anzi per tastarsi il polso e poi restava là, immobile, vicino al letto, nella notte, a lungo, per sentire il corpo che tremava a colpetti molli, ogni volta che il cuore batteva. Era la sua morte, si diceva lui, tutto quello, aveva sempre avuto paura della vita, adesso ricollegava la sua paura a qualcosa, alla morte, alla pressione, come l’aveva collegata per quarant’anni al rischio di non poter finire di pagare la casa.
Era sempre stato infelice, più o meno, ma adesso doveva sbrigarsi a trovare una buona ragione nuova per essere infelice.
Lo so, lo so! Gli Hernouille sarebbero stati infelici anche senza mutuo, come io sarò invece felice anche senza casa 😉 .
Riferimenti
Viaggio al termine della notte, Luis Ferdinand Céline, traduzione dal francese di Ernesto Ferrero, edito dal Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.A., pp. 237-240
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