Il pisello di Yukio Mishima

Mi piace pensarlo così, quest’idolo sovrumano dalla bi(bli)ografia eccezionale.

Dodicenne, che sfoglia un libro d’arte del padre (cioè, non il Postalmarket… ;)) e rimane folgorato davanti ad una riproduzione di San Sebastiano: un giovane avvenente, quasi nudo e trafitto da due frecce.

E lì succede. Colui che sarà Yukio Mishima, e che allora si chiamava solo Kimitake Hiraoka, finalmente capì cosa doveva fare col suo pisello in rivolta.

(Copio tutto da Confessioni di una maschera: c’è un nome più perfetto per un’autobiografia?)

Quel giorno, nell’attimo in cui scorsi il dipinto, tutto il mio essere fremette di una gioia pagana. Il sangue mi tumultuò nelle vene, i lombi si gonfiarono quasi in un empito di rabbia. La parte mostruosa di me che era prossima a esplodere attendeva ch’io ne usassi con un ardore senza precedenti, rinfacciandomi la mia ignoranza, ansimando per lo sdegno. Le mani, affatto inconsciamente, cominciarono un movimento che non avevano imparato mai. Sentii un che di segreto un che di radioso, lanciarsi ratto all’assalto dal didentro. Eruppe all’improvviso, portando con sé un’ebrezza accecante… […]

Fu quella la mia prima eiaculazione. E fu anche l’inizio, maldestro e assolutamente impremeditato, della mia “brutta abitudine”.

Il suo pisello lo tormentava da tempo, e trovo fantastica la descrizione di quei momenti in cui il suo corpo prendeva iniziative impreviste e non desiderate, che andavano sperimentate e scoperte, come accade a tutti gli esseri adolescenti, maschi, femmine, etero e gay.

E ognuno ha i propri gusti. C’è chi ama la volgare irrealtà dell’estetica kardashiana, e chi le pozze di sangue. Oh, nel desiderio vale tutto.

Sfido chiunque a dirlo meglio di lui:

Da oltre un anno andavo soffrendo i tormenti di un ragazzo alle prese con un curioso giocattolo. Avevo compiuto dodici anni.

Questo giocattolo aumentava di volume a ogni occasione e lasciava capire che, quando lo si usasse nella giusta maniera, si sarebbe rivelato una vera delizia. Ma le istruzioni per il suo uso non figuravano su alcuna pagina scritta, e perciò, tutte le volte che il giocattolo prendeva l’iniziativa di volersi divagare con me, restavo inevitabilmente perplesso. Di tanto in tanto, anzi, la mia umiliazione e impazienza si esasperavano talmente, che credevo addirittura di volerlo distruggere. Alla fine, tuttavia, non potei far altro che cedere dal mio canto all’insubordinato giocattolo, con quella sua espressione di dolce segretezza, e attendere passivamente di vedere che cosa sarebbe successo.

A un certo punto mi saltò in testa di cercar di assecondare la volontà del giocattolo in uno stato d’animo più spassionato. E allora scoprii che esso possedeva già in quello stadio precoce i propri gusti precisi e inconfondibili, ovvero quel che si potrebbe chiamare il proprio meccanismo. La natura dei suoi gusti non si riallacciava soltanto ai miei ricordi d’infanzia, ma anche […] a certi oggetti, quali i corpi nudi di giovani visti su una spiaggia estiva […].

Il giocattolo rizzava inoltre la testa verso la morte e le pozze di sangue e le carni nerborute. Scene cruenti di duelli sul frontespizio dei romanzi d’avventure a dispense, che mi facevo prestare di nascosto dallo studente-cameriere di casa nostra; vignette di giovani samurai che si squarciavano il ventre, o di soldati colpiti da proiettili , che arrotavano i denti e grondavano sangue da mani strette convulsamente sul petto coperto dalla divisa color cachi; fotografie di forzuti lottatori di sumo di terza categoria, non ancora eccessivamente ingrassati… alla vista di simili oggetti il giocattolo alzava di scatto il capo indagatore.

Una volta ch’ebbi compreso come stava la faccenda, cominciai a ricercare il piacere scientemente, di proposito […].

In questa maniera il mio giocattolo trascorse vanamente molti giorni e mesi, senza nemmeno adempiere il suo fine secondario – quello che chiamerò “la mia brutta abitudine” – a tacere del suo fine principale, supremo.

Poi arrivò San Sebastiano e il resto è storia.

La foto in apertura è di Eikoh Hosoe.


Riferimenti

Confessioni di una maschera, Yukio Mishima, traduzione di Marcella Bonsanti, pp. 36-38, Feltrinelli